Koei Tecmo e Omega Force tornano sugli scaffali con una nuova trasposizione videoludica di una serie manga. Stavolta, l’opera in questione a mostrarsi in cel shading è Berserk, realizzata da Kentaro Miura. Berserk and the Band of the Hawk è frutto della collaborazione tra il team di Dynasty Warriors e lo stesso designer giapponese, già disponibile in Oriente dal 27 ottobre sulle 3 console Playstation, ed approdato di recente anche su PC. In Europa è arrivato solo lo scorso 24 febbraio, promettendo ore di intrattenimento e decine di soldati e mostri da affettare grazie alle combo più disparate. E allora, tiriamo fuori lo spadone e tuffiamoci nell’atmosfera del manga.
Berserk and the Band of the Hawk – Recensione
Come già accaduto con Attack on Titan, altro spin-off videoludico di un manga realizzato da Omega Force, la storia di Berserk and the Band of the Hawk ricalca fedelmente le vicende già care ai fan, intrecciando gli eventi della Golden Age Arc e della Hawk of the Millennium Empire Arc. I fedelissimi dell’opera originale avranno già capito che questi due archi narrativi corrispondono prima all’ascesa di Gatsu nella Banda dei Falchi, poi allo scontro individuale tra Griffith e lo stesso Gatsu. In mezzo ai due copioni, cruente battaglie per la conquista di avamposti e basi imperiali nel setting del manga, dove il videogiocatore avrà la possibilità di controllare Gatsu e diversi altri comprimari.
Sangue e respawn
Consegnato al comparto narrativo il fascino del manga, ciò che si ritrova tra le mani l’utente è un puro hack’n’slash vecchio stile, con una struttura ruolistica abbozzata che non sposta gli equilibri di un gameplay che si lascia scoprire per intero fin dal primo capitolo della storia. Berserk and the Band of the Hawk sviluppa il suo combat system nel più classico del duo di attacchi (leggeri e pesanti) con schivate, parate e slanci offensivi. Ogni livello della storia presenta un numero elevatissimo di nemici su schermo, ondate e ondate di soldati e mostri rigenerati di continuo e utili per riempire il campo di battaglia di sangue e morte, tra teste mozzate e corpi macellati. Il fascio di distruzione impietosa ricreata nei panni di Gatsu attraverso le combo ha come scopo principale il riempimento della barra Frenzy, tramite la quale attivare la più classica delle modalità Frenesia, che per un periodo limitato consente di non subire danni e colpire i nemici con più ferocia. Considerando l’enorme quantità di nemici da affrontare per singola missione, Omega Force ha pensato bene di associare allo status di frenesia un ranking crescente in corrispondenza del livello del personaggio; grazie a questo piccolo stratagemma, maggiore sarà il livello del protagonista, più crudele ed appagante risulterà la Frenzy Gauge, invitando l’utente ad inanellare quante più combo possibili nei singoli capitoli della storia.
I nemici eliminati durante lo stato di frenesia rilasceranno le proprie anime sul campo di battaglia, le quali torneranno utili per caricare un ultimo attacco devastante: il Death Blow. In questo caso parliamo di un vero e proprio colpo finale (a singola attivazione) in grado di spazzare via più mostri e soldati contemporaneamente. Per velocizzare il riempimento della barra apposita l’utente viene nuovamente incitato nella creazione di combo spettacolari e mortali chiamate Obliteration, che spesso equivalgono a finishing move cruente e sanguinose con arti mozzati che volano verso ogni angolo dello schermo.
Sciabolate mortali
Nonostante la tanta carne al fuoco apparente, le modalità frenesia e Death Blow torneranno utili soprattutto contro i boss del livello, spesso e volentieri personaggi presi in prestito dal manga. In questi frangenti, i combattimenti risultano molto più equilibrati rispetto alle ondate dei nemici – presentati come birilli da distruggere senza particolari problemi – ma non poi così difficili da gestire. Berserk and the Band of the Hawk, insomma, non obbliga l’utente a studiare i pattern di attacco dei soldati, né li spinge a trovare una strategia per offendere, se non l’utilizzo continuo delle proiezioni per arrivare alle spalle dei nemici e la possibilità di bloccarli attraverso un mirino. Il combat system, dunque, si consuma nel più classico degli hack’n’slash, proseguendo tra i punti di interesse mostrati sulla minimappa e cercando di adempiere a quanti più obiettivi secondari possibili – utili per sbloccare gli extra del gioco, tra cui una corposa galleria di immagini. Nell’atto pratico, l’intera struttura ruolistica che avrebbe dovuto sorreggere il gameplay risulta debole anche a causa delle meccaniche di level-up e personalizzazione quasi interamente automatiche. La crescita del personaggio, totalmente guidata, è basata su quattro semplici parametri (vitalità, attacco, difesa e tecnica) e non pare contribuire in alcun modo al gameplay; lo stesso vale per la barra del morale che, in qualche modo, dovrebbe influenzare le truppe alleate nella conquista degli avamposti nemici, ma che nell’atto pratico risulta priva di influenza. In un contesto di elementi di contorno così abbozzati, a poco serve anche la gestione dell’equipaggiamento e dell’attivazione delle nuove combo, entrambi sbloccati nel corso dell’avventura grazie al level-up.
Dopo la prima missione della campagna principale, Berserk and the Band of the Hawk presenta ai videogiocatori due nuove modalità. La prima è la Free Mode, la più classica delle esperienze libere (magari di allenamento) utili per padroneggiare al meglio le combo e le abilità dei personaggi. La seconda, più interessante, è Endless Eclipse, una discesa multi-livello nel limbo del manga da vivere tutta d’un fiato. Nell’Endless Eclipse, infatti, non è presente alcun checkpoint, e dunque la morte e l’abbandono volontario corrispondono al reset della discesa, costringendo l’utente a ricominciare dall’inizio verso i livelli più profondi.
Di sangue e cel shading
Per la realizzazione del comparto grafico, Omega Force conferma l’utilizzo del cel shading, la tecnica probabilmente più indicata per questo tipo di produzione. Il motore grafico si mostra ben ottimizzato nella gestione di tutti gli elementi a schermo, tra decine di nemici, effetti, animazioni e schizzi di sangue. Nonostante in Berserk and the Band of the Hawk sia possibile inanellare una serie quasi infinita e senza sosta di combo spettacolari, il titolo non soffre di alcun picco di instabilità legato al framerate, ma per raggiungere un risultato così soddisfacente si è dovuto scendere inevitabilmente a qualche compromesso in termini estetici, che fanno dell’action Omega Force un’opera qualitativamente inferiore al recente Attack on Titan. Sono soprattutto i modelli poligonali dei nemici a deludere, tutti molto simili tra loro e con animazioni pressochè inesistenti. A ciò va aggiunta anche la banalissima IA che muove gli stessi e li fa sembrare carne da macello alla mercé del videogiocatore. Nulla da eccepire, invece, riguardo la qualità dei personaggi principali e di alcuni boss, così come per ciò che concerne le scene di intermezzo, realizzate in stile manga. Per mantenere alto il legame tra l’opera cartoon e la trasposizione videoludica, Omega Force è riuscita a confermare il cast di doppiatori del mango, a cui, poi, sono stati affiancati soundtrack e campionamento di tutto rispetto.
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Scene di intermezzo ben realizzate
Intelligenza Artificiale da rivedere totalmente