Il mito di Cthulhu, nato nel 1928 dalla famosa penna di Lovecraft, è ancora oggi uno dei punti fermi della letteratura e del cinema horror, in quanto capolavoro indiscusso di un’arte che nel contesto attuale fatica a tirare fuori idee dello stesso calibro. D’altronde, parliamo dell’opera di un maestro che, a sua volta, ha ispirato decine e decine di produzioni, portate nel mondo videoludico soprattutto dalle avventure grafiche. Call of Cthulhu va interpretato proprio in quest’ottica, un doppio tributo di Cyanide a un certo modo di “fare videogame” che sta perdendo sempre più colpi, e al fascino di un mito sinistro e macabro come quello della strana creatura tentacolare di Lovecraft.
Call of Cthulhu – Recensione
Tra follia e sanità mentale
Call of Cthulhu narra la storia di Edward Pierce, un investigatore privato assunto per portare alla luce ciò che si cela dietro il misterioso incendio divampato nella tenuta Hawkins, a Darkwater. Come in molte avventure vecchio stampo, il recente passato dei protagonisti della vicenda è contraddistinto da notevoli macchie, litigi e continui richiami all’occulto, collegati con la professione di Sarah Hawkins. artista e pittrice, noncè la figura che tutti ritengono responsabile dell’accaduto che ha portato alla morte lei, suo marito Charles e il piccolo figlioletto. I videogiocatori di lunga data non avranno problemi nel calarsi nel contesto rappresentato in Call of Cthulhu, perchè molti elementi sono citazioni più o meno esplicite del modo di vivere le avventure grafiche, che successivamente ha poi portato alla realizzazione dei moderni horror psicologici. A cominciare da Edward Pierce, un investigatore tormentato da incubi e sotto pesanti sonniferi, incline ad alzare il gomito ma resiliente come pochi. Una volta accettato l’incarico e giunti sul molo di Darkwater, in tempo zero verremo catturati dalla storia recente della piccola cittadina bagnata dalle scure acque da cui prende il nome, e che vede i pescatori della zona coinvolti in una certa “pesca miracolosa” di una strana creatura gigantesca venuta dal nulla.
Nel giro di poche ore e dopo un piccolo tour nella villa Hawkins, grazie alla semplicità e alla linearità del copione vi sarete già perfettamente calati nel clima di Call of Cthulhu, e questo porta con sè pregi e difetti. Da una parte, l’atmosfera ricreata da Cyanide coglie tutti gli aspetti attesi: tanti elementi opzionali per apprendere un po’ di dettagli di fondo, personaggi strani e poco eloquenti, continui riferimenti alle opere di Lovecraft e tante piccole citazioni familiari agli amanti del genere. Di contro, chi si aspettava di vivere qualcosa di innovativo rimane assolutamente deluso, perchè l’opera di Cyanide non ha assolutamente alcuno spunto proprio, nè in termini narrativi nè di gameplay, eccezion fatta per una apparente libertà decisionale che, nel concreto, mal si concretizza per via di alcune scelte di copione.
Se fin dall’inizio, infatti, Call of Cthulhu ci fa credere di essere liberi nel decidere il destino di Pierce, dall’altra sembra tutto già chiaro: il continuo lottare tra sanità mentale e pazzia viene regolato da alcune piccole scelte, come leggere determinati tomi o approfondire alcune analisi legate all’occulto e all’esoterismo, ma i risvolti della trama non sembrano tenerne conto, se non in minima parte. Arrivare ai titoli di coda completamente o ancora con un briciolo di ragione non inciderà, insomma, e vista la qualità dell’epilogo sconsiglio anche il fattore rigiocabilità: la trama è buona seppur molto scontata, ma non così profonda da invitare (o consigliarvi) di ripartire da zero.
Prevarrà la ragione?
Per molti aspetti Call of Cthulhu sembra la rivisitazione in chiave avventura grafica dell’apprezzatissimo Vampyr, e questa sensazione, oltre che in termini prettamente tecnici, viene restituita anche dall’apparente spessore del sistema di crescita del personaggio, che inizialmente invita l’utente a spendere in maniera oculata ogni punto esperienza guadagnato con la storyline. A conti fatti, purtroppo anche in questo aspetto Cyanide ha perso la grossa opportunità di dotare la propria creatura della giusta profondità, che avrebbe sopperito ai difetti elencati precedentemente. Durante il conflitto interiore che si sviluppa nel subconscio di Pierce, il videogiocatore può decidere liberamente se potenziare le abilità da investigatore, cercando di inquadrare tutto in un’ottica più razionale possibile e cercando spiegazioni basate sulla scienza anziché sull’occulto, o spendere punti esperienza in altri fattori, come la forza, fisica e verbale. Anche in questo caso però la profondità è apparente, e trova principalmente due punti deboli: la possibilità di creare un personaggio skillato al 90%, e nessun reale vantaggio nello spendere i PE in una particolare skill.
Gli eventi di Call of Cthulhu sono infatti raccontati senza particolari diramazioni, e anche se alcune scelte di dialogo ci verranno proibite per carenza di punti esperienza in un determinato aspetto, ciò non influirà assolutamente sulla storyline. È chiaro che, al netto di un’esperienza di gioco che non si lascia plasmare come vuol far credere, resta ovviamente il lato più soggettivo, ovvero le motivazioni del videogiocatore: potenziare le abilità investigative di Pierce vi permetterà di affrontare gli eventi con occhio critico restando coi piedi per terra, per quanto possibile; di contro, apprendere dettagli sull’occulto e sul misticismo (due skill potenziabili solo interagendo con particolari oggetti o scegliendo determinate opzioni di dialogo) vi calerà ancor di più nel contesto sinistro in cui è immersa Blackwater. A voi la scelta, quindi, ben consapevoli che l’avventura non verrà su come fosse una vostra personale interpretazione delle vicende.
Nonostante l’aspetto tecnico non sia il punto di forza di Call of Cthulhu, il lavoro di Cyanide è buono soprattutto considerando il lato più scenografico. Ricalcando la formula dei vecchi punta e clicca, il team di sviluppo ha riproposto una costante alternanza di parti giocate e cutscene filmate, che ovviamente risaltano in termini di dettagli e cura rispetto alla qualità generale del titolo. Ciò che ha da offrire Call of Cthulhu, comunque, è un comparto grafico che dà il meglio di sé con i modelli poligonali e le animazioni, seppur poche, ma si perde in tutto il resto: l’illuminazione e il campionamento audio me li sarei aspettati più curati, soprattutto vista l’enfasi del contesto, e una maggiore qualità delle texture avrebbe certamente giovato all’esperienza di gioco. Ottimo invece il pacchetto informazioni tra i menu, con tanti oggetti da reperire e leggere, dettagli sui personaggi e tutto ciò che può interessare al videogiocatore per calarsi nel contesto. È grazie all’intrigo della trama e ai vari dettagli che il titolo Cyanide porta l’utente ai titoli di coda mantenendo alto l’interesse, anche in virtù di buoni spunti di gameplay che ci vedranno impegnati nella risoluzione di enigmi ambientali, brevi obiettivi opzionali e diverse sezioni investigative in cui ricostruire gli eventi recenti.
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