Sono passati più di dieci anni dalla prima storica apparizione di Dead Island, l’action in salsa zombie sviluppato da Techland e pubblicato da Deep Silver destinato a cambiare le regole di molti giochi di azione futuri. Chi può dire di non essersi divertito con un titolo così scanzonato tra arti mozzati, schizzi di sangue e improbabili armi da macello? Nonostante il successo, però, lo sviluppo di un sequel così atteso ha vissuto momenti di stanca, flessione e riflessione, tanto da arrivare a noi dopo un’intera generazione videoludica in mezzo, con tutto ciò che ne deriva, a cominciare dal passaggio di consegne in termini di sviluppo, affidati a Dambuster Studios (ricordati per Homefront e Chorus). Ed il risultato ne ha sofferto? Direi proprio di no!

Dead Island 2 – Recensione

Chi non si trasforma si rivede

È la trasposizione videoludica di Los Angeles, la Città degli Angeli, ad ospitare la nuova atmosfera di morte e sangue proposte da Dambuster, ma questo era facilmente intuibile dallo storico primo trailer pubblicato nel lontano 2014. Sebbene siano passati diversi anni da quel concept, Deep Silver ha dimostrato di aver creduto alle idee originali, concentrando molti sforzi proprio sulla realizzazione del contesto ambientale e cercando di mantenere una buona fedeltà con gli scorci più famosi della città californiana. Non era facile, d’altronde, stravolgere l’immagine che il collettivo ha di Los Angeles, con la sua bellissima spiaggia di palme che ben si presta ai tramonti, il lusso dei quartieri più ricchi e il tanto verde che circonda le zone di passeggio, ma il risultato finale è davvero soddisfacente, aiutato da una buona sceneggiatura pensata proprio per esaltare le aree più riuscite della generosa mappa.

L’incipit che apre le porte all’arco narrativo di Dead Island 2 è piuttosto canonico, ed una volta scelto il proprio alter ego il videogiocatore verrà catapultato in una serie di eventi che gli consentiranno di avere ben chiari i propri obiettivi tanto di sopravvivenza quanto, per un bene maggiore, per cercare di ritrovare un po’ di fiducia in un futuro che sembra non volerne più sapere dell’umanità. Fortunatamente il cammino del nostro eroe non sarà dettato da contenuti pesanti o troppo seriosi, ma in un contesto che non si presta affatto all’irriverenza, i coprotagonisti dell’avventura faranno di tutto per strapparci un sorriso, permettendoci di arrivare ai titoli di coda piuttosto rilassati. Insomma, Dead Island 2 mantiene la sua identità scanzonata, proponendosi al pubblico come un titolo dai contenuti leggeri, sparring partner perfetto di un gameplay ovviamente “sbarazzino” e ricco di opportunità interessanti come da tradizione per il genere.

Come il predecessore, Dead Island 2 propone un gunplay divertente e creativo, principalmente basato sul crafting. La quantità di armi bianche o da fuoco ritrovate in giro si rivelerà utile tanto in versione “liscia” quanto potenziata, combinando vari elementi recuperati dall’esplorazione per risultati letalmente stravaganti. Il girovagare scansando gli zombie non si rivelerà utile solamente per aumentare le proprie chance di sopravvivenza e per migliorare l’equipaggiamento, ma anche per scoprire una serie di dettagli legati alla storia, immagazzinati in documenti di varia natura da recuperare nelle case degli ormai ex proprietari. Grazie a questo duplice obiettivo, Dambuster Studios è riuscita ad imbastire un’avventura in grado di appassionare anche con un open world parziale, in cui è possibile esplorare la mappa solo attraverso macro aree, una scelta che alla lunga si rivela molto interessante anche sotto il profilo tecnico e ritmico dell’avventura.

Blood Party

Tra le novità di gameplay proposte una menzione d’onore va anche al FLESH System, attraverso cui Dambuster ha assicurato agli utenti la possibilità di smembrare “con cognizione di causa” ogni zombie che gli si parerà davanti. Benchè si tratti di un sistema già visto in altri titoli, in Dead Island 2 lo smembramento puntuale non risulta particolarmente adatto nell’affrontare un’ondata di non morti arrabbiati, ma funziona soprattutto nell’1 contro 1 con i boss o nemici particolarmente lenti (e potenti); per i gruppi numerosi, quindi, è consigliato non pensare troppo e colpire con tutta la ferocia (ludica) possibile, magari alternando armi e strategie. Considerando che il gunplay rimane fedelissimo all’arcade, il FLESH System risulta comunque abbastanza divertente e funzionale nell’utilizzo. Dopo aver presa confidenza con il sistema di combattimento, con le armi a disposizione e con il ritmo di gioco, l’ultima chicca in ottica di personalizzazione riguarderà la build da plasmare sul proprio stile, tramite cui decidere se rinforzare il personaggio in termini difensivi, offensivi o scegliere una via di mezzo più bilanciata e versatile. Questa meccanica riconduce in maniera molto superficiale ad elementi di stampo ruolistico, e consente di personalizzare le caratteristiche dell’eroe impersonato per aumentarne i parametri di salute, difesa o attacco. Il risultato finale di una campagna molto ricca di missioni secondarie, lore nascosta e tanta esplorazione è una longevità che si attesta su almeno 40 ore di gioco, che come descritto precedentemente si lasciano vivere piuttosto bene anche grazie alla suddivisione in macro aree ben distinte, che ha permesso agli sviluppatori di ricreare nei minimi particolari le varie ambientazioni, caratterizzandole a dovere.

La Los Angeles perduta che ha dipinto il team di sviluppo è una metropoli non solo ricca di zombie, sangue ed esplosioni, ma anche di dettagli e di scorci ben realizzati. Nonostante lo sviluppo molto travagliato, che in altri casi ha ricondotto a titoli non indimenticabili, benchè meno elaborato di altri il comparto tecnico di Dead Island 2 risulta solido sotto ogni punto di vista, a cominciare dalla stabilità. Che si parli di stabilità in ottica di framerate da single player o del netcode per la controparte giocata in cooperativa, il titolo Dambuster si dimostra robustissimo, capace di supportare effetti mortali, smembramenti ed affollamento su schermo con apparente facilità, dimostrando che spesso rinunciare a qualche pixel può davvero valerne la pena. Anche se Dead Island 2 non verrà ricordato come un titolo dalla grafica super, vale la pena precisare che questa festa allo smembramento non rinuncia comunque al suo gran numero di dettagli ed effetti particellari, talvolta regalando più di un sorriso nel replicare – più o meno volontariamente – qualche situazione un po’ surreale tra compenetrazioni e conseguenze inaspettate. Niente di grave comunque, solo momenti di ilarità ed esaltazione che paradossalmente contribuiscono a mantenere vivo l’interesse per un titolo di per sé già molto appassionante.

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VALUTAZIONE
8
Commento finale
Dopo anni di attesa è finalmente arrivato il momento di picchiare qualche zombie di troppo, e farlo al tramonto su una spiaggia losangelina risulta anche un po’ romantico per certi versi. Dead Island 2 è proprio quel titolo che qualche anno fa immaginavamo: divertente, stravagante e leggero, capace, con idee ben studiate, di meritarsi almeno una run completa.
PRO
Gameplay divertente
Tecnicamente solido
CONTRO
Non particolarmente elaborato