Nioh è stato probabilmente il soulslike di maggior successo tra quelli che hanno provato ad emulare le gesta della saga From Software. L’opera di Team Ninja, comunque da molti ritenuta troppo simile nelle meccaniche al celebre Dark Souls, ha saputo ritagliarsi una buona fetta d’utenza, ovvero la cerchia di videogiocatori fedeli alle dinamiche degli action RPG punitivi intrisi di fascino, fantasy e mistero. Caratterizzato da una ambientazione peculiare che, paradossalmente, è stata anche ripresa in parte da Sekiro, Nioh torna con una nomenclatura che può ingannare chi non ha seguito i vari annunci che ne hanno preceduto l’uscita: Nioh 2, nonostante la progressione numerica, è in realtà un prequel, volto a gettare le basi del contesto relativo alla storia del capitolo precedente, risultando quindi strategico in ottica futura per imbastire una storia più consolidata.
Nioh 2 – Recensione
Il Sengoku secondo Team Ninja
Il fascino dell’Oriente non ha mai abbandonato i videogame, tanto che nell’ultimo periodo sempre più produzioni tentano di affidarsi agli anni dell’antico Giappone, concedendosi però licenza creativa mescolando fatti di storia ad elementi fantasy, dark e spirituali. Nioh 2 segue questo filone, concedendo all’utente la possibilità di creare il proprio alter ego chiamato a legare le sue gesta all’evoluzione del periodo Sengoku, finestra in cui il Giappone tra la fine degli ‘400 e gli albori del ‘600 ha vissuto una forte crisi politica e sociale, contraddistinta da rivolte e sangue. Team Ninja sfrutta questo periodo introducendo la cultura yokai, con quel solito misticismo fantasy proposto in vari action RPG. L’aspetto yokai ci porta subito a delineare i suoi impatti sul gameplay, anche perché la storia di Nioh 2 non ha granchè da dire. Se da una parte Team Ninja ha fatto un buon lavoro riguardo l’aspetto tecnico – ci arriveremo – enfatizzando l’ambientazione e le caratteristiche del “Sengoku mistico”, non si può dire la stessa cosa riguardo il copione, che propone una sceneggiatura un po’ molle, priva di colpi di scena, e con dialoghi e personaggi che non rimarranno nella mente per più di qualche mese, lasciando spazio a ciò che davvero contraddistingue il titolo: il gameplay.
Il balletto dei soulslike nel tentativo di proporre qualcosa di nuovo ma senza azzardare realmente, porta il protagonista di Nioh 2 ad avere la capacità di trasformarsi in una forma yokai specifica, sfruttando le solite classi a cui siamo abituati: bruto, ovvero quella in prima linea e aggressiva; feroce, la classe furtiva e rapida; spettro, l’evoluzione del mago guerriero nipponico. Il pretesto narrativo che introduce il regno yokai gioca quindi anche un ruolo molto importante in ottica videoludica, grazie a cui la produzione rimpolpa le caratteristiche personalizzabili del titolo, non esaurite, quindi, agli elementi tipici del genere e all’iniziale creazione del protagonista. La trasformazione in yokai è un gettone da spendere anche in ottica esplorativa, dato che assume i connotati tipici di un upgrade temporaneo da sfruttare specialmente quando si è davanti a boss o nemici particolarmente difficili da sconfiggere. Viene da sé che a questa abilità siano legati particolari fattori, come la necessità di doverla alimentare prima di sfruttarla sul campo di battaglia. E per complicare le cose in ottica boss-fight, tali trasformazioni saranno a disposizione anche di particolari nemici.
Attacchi e tattiche
Com’era lecito aspettarsi, Nioh 2 favorisce ogni possibile inclinazione del videogiocatore in termini di combat system. Oltre all’immancabile espansione dell’equipaggiamento, che abbraccia nuovi tipi di armi bianche, a disposizione dell’utente troviamo nuovi poteri, abilità (attive e passive) e magie. Gran parte di quanto utilizzabile in battaglia, più tutte le caratteristiche del personaggio, possono essere potenziate per favorire il proprio stile di combattimento, con la nuova possibilità di riempire 2 slot dedicati ai nuclei, particolari colpi potenti assumibili da alcuni nemici.
Oltre alla cura rispetto alle possibilità offerte dal protagonista del gioco, Koei Tecmo ha riposto anche notevole attenzione nei confronti dei nemici, che in Nioh 2 risultano caratterizzati da una maggiore quantità di attacchi e da pattern offensivi rivisti e variegati. Non mancano i ricicli, ovviamente, come anche la possibilità prevedere alla lunga un po’ tutti gli attacchi, ma è anche vero che lo sforzo in termini di varietà è piuttosto evidente. Partiamo anzitutto dagli attacchi potenti degli avversari, anticipati in termini di design da una particolare aurea attorno ai nemici nel momento in cui questi si apprestano a sferrare nei confronti dell’utente un attacco potente: in questi momenti, per non subire il colpo il videogiocatore è invitato a reagire con un attacco rapido anziché con la sfida, sfruttando il lato debole e scoperto del nemico. Il contrattacco è senz’altro l’arma più potente a disposizione dell’utente senza ricorrere alle abilità speciali, che, in fin dei conti, si traduce nella solita necessità di pazientare e non di gettarsi a capofitto nella mischia senza una tattica ben precisa.
Il samurai mistico
Il lato artistico di Nioh 2 viene ulteriormente rafforzato entrando in alcune regioni yokai dominate da un boss. In queste particolari aree, il potere del nemico più roccioso si diffonde anche sui suoi sottoposti, a loro volta più resistenti del normale, e la pressione viene riversata sul videogiocatore attraverso una particolare palette di colori che va a de-saturare la vivacità dell’ambiente. L’unico modo per riportare tutto alla normalità, manco a dirlo, è mettere in ginocchio il boss della zona, bonificando di conseguenza l’area.
Nonostante questi spunti definiti “artistici”, Nioh 2 soffre terribilmente sotto il profilo tecnico, soprattutto in virtù di un riciclo notevole di buona parte degli elementi che compongono il gioco, inclusi nemici, pattern d’attacco e intere location. Da una parte troviamo quindi il gran numero di missioni come punto di vantaggio per tenere occupato il videogiocatore e dare quel senso di progressione necessario agli action-RPG (non tanto di storyline in questo caso, quanto di upgrade del personaggio). Dall’altra parte, però, il fatto di dover affrontare nemici già conosciuti o esplorare zone molto simili a quelle del primo capitolo, abbassa notevolmente il senso di sorpresa e di conseguenza il coinvolgimento generale. Aggiungiamo anche una pulizia delle texture a tratti da rivedere, e un caricamento lento delle stesse entrando in zone nuove, ormai non più perdonabili. Fortunatamente, il framerate è salvo e ancorato ai 30 FPS.
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Diverse novità di gameplay
Chi conosce il genere non rimarrà sorpreso