I soulslike hanno preso piede con l’ascesa della saga FromSoftware, ed oggi rappresentano una realtà del panorama videoludico al pari di quelle più famose. Nonostante si tratti di un genere ancora di nicchia, attorno a Nioh si è subito condensato il classico mix di aspettative e hype tipico delle grandi produzioni. Il titolo di Team Ninja bolle in pentola da anni, in realtà, logorato da un processo di sviluppo quanto mai travagliato e ricco di complicazioni. L’attesa è però finita, e forse Nioh giunge nel momento migliore per esprimere al massimo le sue potenzialità, lontano da concorrenti diretti e con una forte schiera di appassionati al seguito.
Nioh – Recensione
Il primo Samurai
Le vicende raccontate in Nioh presentano la fittizia storia del navigatore inglese William Adams, ritenuto il primo britannico ad aver raggiunto il Giappone. La storia si sviluppa proprio nel cuore dell’Oriente, ma non ha nulla a che vedere con quanto realmente accaduto al navigatore, se non per il periodo storico: siamo nel 1600, in piena battaglia di Sekigahara con l’imperatore mongolo Kublai Khan sugli scudi. William, invece, non solca i mari ma sfodera lo spadone; è, infatti, un abile samurai alla continua ricerca dell’Amrita, una pietra filosofale in grado di sprigionare una quantità immensa di potere.
Se il particolare setting del gioco è convincente, Nioh non vi resterà certamente impresso per gli espedienti narrativi, poveri e scontati, quanto per il brutale combat system in perfetta sintonia con i soulslike, sottogenere relativamente recente che fa gola tanto ai nostalgici del luogo comune “i giochi di una volta erano difficili” quanto agli estimatori della celebre saga FromSoftware. I punti di contatto con il progenitore del genere sono molti, infatti, e ricalcano prettamente il sistema di combattimento e la curva d’apprendimento, sebbene pad alla mano sia possibile notare qualche differenza. A mischiare le carte in tavola ci pensano le evocazioni degli spiriti guida e il sistema di difesa, che in Nioh ho trovato leggermente più complesso e dinamico. Messe in conto queste piccole variazioni sul tema, il titolo Team Ninja propone un po’ tutte le caratteristiche che è lecito attendersi da un soulslike, ovvero un equipaggiamento ampio, armi di diverso raggio, rami di crescita, magie e crafting. Il tutto da utilizzare a profusione in combattimento, mischiando differenti tecniche di offesa in base alle circostanze.
Dopo aver passato qualche ora in giro per padroneggiare a dovere il sistema di combattimento contro i nemici più comuni, Nioh comincia ad uscire le armi pesanti, presentando un livello di difficoltà maggiore e boss un po’ più imprevedibili. Come in tutti gli action punitivi, anche nell’opera Team Ninja sarà necessario studiare a dovere i pattern d’attacco di ogni mostro che ci si parerà dinnanzi intralciando il nostro cammino, ma per via dell’estrema duttilità del nostro alter ego non ci si troverà mai di fronte ad un vicolo cieco. Grazie a qualche funzione interessante e bonaria, come il Ritmo Ki per regolare la stamina e la ridistribuzione dei punti abilità, a lungo andare la mano pesante degli sviluppatori farà meno paura, bilanciando a dovere il senso di appagamento con quello di frustrazione a seguito di una violenta morte per mano nemica.
Oriente dark fantasy
Se nella saga FromSoftware capita spesso di perdersi e dover ritornare sui propri passi per scoprire nuove aree, nel bene o nel male in Nioh tutto ciò non è presente. Nonostante l’apparente libertà di azione, infatti, nel titolo Team Ninja è possibile procedere con la storia principale superando le main quest, senza troppi giri a vuoto o guide da consultare. Questa semplificazione non inficia, però, il level design delle singole aree, adeguatamente popolate da vicoli alternativi, zone segrete e sorprese dietro ogni angolo. In un soulslike, ma più in generale in qualsiasi action-rpg, l’esplorazione e l’adempimento di missioni secondarie giocano un ruolo vitale per la crescita del personaggio in vista degli scontri più ardui, ed in Nioh di certo non manca tanto una buona dose di avanscoperta, quanto gli incarichi di secondo piano utili per racimolare punti esperienza. Sebbene questi espedienti consentano al titolo di toccare punte di longevità non indifferenti, il tutto manca di mordente e passione, ricalcando la monotonia della storia principale.
Se il level design si dimostra all’altezza del diretto concorrente – pur qualche gradino sotto – a peccare di superficialità è la tecnica di realizzazione grafica. Le location e i modelli poligonali presenti in Nioh sono caratterizzati da texture piatte e poco curate, con diversi problemi di illuminazione pronti a danneggiare l’intera esperienza. Sebbene si tratti di un titolo dark-fantasy che, appunto, utilizza un level design improntato sull’oscurità delle ambientazioni, dopo così tanti anni di sviluppo era lecito attendersi qualcosa di più sul piano generale, ma ciò non toglie i meriti del team riguardo le animazioni che caratterizzano il protagonista e i nemici, sempre puntuali, fluide e abbastanza credibili. Con un comparto audio nella media e una struttura online che non mostra incertezze, l’ultimo punto debole della produzione riguarda l’altalenante framerate, frutto di una scarsa ottimizzazione del motore grafico. In tal senso, il team di sviluppo fa una sorta di autocritica, evidenziando la presenza di instabilità con ben 3 opzioni per gestirla, disponibili nel menu principale.
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Level design ispirato