Se ancora oggi riusciamo a godere di grandi RPG old style come Pillars of Eternity e Divinity, lo dobbiamo agli intramontabili classici del passato, come Baldur’s Gate e Planescape, che negli ultimi scampoli del 2019 si regalano un’Enhanced Edition dedicata alle piattaforme. Questa doppia edizione speciale porta le avventure di Bioware e Beamdog nell’inedito mondo di Playstation 4, Xbox One e soprattutto Nintendo Switch, catalogandosi come una ghiotta occasione per nostalgici e non di recuperare titoli che hanno fatto la storia del genere, tirati a lucido e pronti per essere vissuti con tutti i contenuti pubblicati negli anni. Dopo Baldur’s Gate, in questo articolo ci dedichiamo a Planescape Torment & Icewind Dale.
Planescape Torment & Icewind Dale: Enhanced Editions – Recensione
Il ritorno dell’eroe senza nome
Un po’ come è stato fatto per l’edizione speciale del package Baldur’s Gate, anche i due Planescape sono stati rivisitati soprattutto in chiave giocabilità, con ristrutturazioni di gioco, interfaccia e telecamera volti a rendere l’esperienza più accessibile rispetto agli standard attuali. Da queste modifiche ne trae vantaggio sia il nuovo giocatore che mai ha avuto la possibilità di mettere le mani su Torment e/o Icewind Dale, sia chi invece ha già familiarità con i due titoli, perché parliamo di esperienze con 20 anni sulle spalle, che ovviamente oggi sarebbero difficili da digerire per chiunque. Anzitutto, Beamdog ha introdotto la “Story mode” per Icewind Dale, in cui oltre a un ribilanciamento della difficoltà a favore dell’utente non è possibile nemmeno morire. Chi ritiene troppo semplice questa opzione, può sempre scegliere il livello di difficoltà che più si avvicina al proprio ideale, tra cui rientra anche l’esperienza pura dell’Advanced D&D che ha reso la saga famosa in tutto il mondo.
Anche se la curva di apprendimento è molto alta, esattamente come Baldur’s Gate, Planescape è caratterizzato da tutte le “buone regole” di un RPG classico, e dunque risulta molto immediato per gli amanti del genere, anche ai videogiocatori più giovani che non hanno confidenza con i grandi classici. Parliamo di un’atmosfera familiare, che ci porta ad esplorare i villaggi limitrofi con l’avanzamento della storia, e a raccogliere quest e informazioni da molti NPC presenti nei paraggi. L’esperienza è quindi dettata dalle conversazioni con i personaggi incontrati e dalle scelte del videogiocatore, chiamato subito a decidere il party all’inizio del gioco – la costruzione del gruppo, quindi, può anche avvenire man mano che la storia prende piede, ma a dispetto dei moderni giochi di ruolo, penso a Dragon Age, qui i companion sono disponibili dall’inizio. La gestione del party è molto importante come in qualsiasi altro GDR, e grazie alla pausa tattica il videogiocatore potrà coordinare attacchi e movimenti in base alle circostanze, provando a colpire le debolezze del nemico. Per sfruttare il livello di profondità del combat system, implicitamente è richiesta una grande conoscenza delle classi gestite da Planescape, ma anche in questo caso il videogiocatore più vicino al genere ne conoscerà già le caratteristiche, quantomeno ad alto livello, dovendo quindi impegnarsi solo nel valutare le singole skill a disposizione di ogni personaggio.
Al contrario, Torment sfugge un po’ dalle caratteristiche intrinseche di Icewind Dale, e non offre grossi cambiamenti in termini di accessibilità rispetto all’esperienza originale. Il fatto che manchino i livelli di difficoltà aggiuntivi e che costringa tutti alle regole dell’Advanced D&D, porta il titolo ad essere piuttosto complicato da gestire per chi non ha familiarità – o pazienza – con quelle dinamiche così rigide. Peccato che tra i due titoli, solo Icewind Dale abbia beneficiato appieno dell’Enhanced Edition, anche perché a livello tecnico le due esperienze proposte in Planescape hanno mantenuto grossomodo le medesime caratteristiche avevano 20 anni fa, per alcuni affascinanti, per altri poco digeribili adesso – anche se ci danno bene l’idea di come, un tempo, veniva raccontata la storia. Parlo di scene in CG, fondali pixellati e quant’altro, il tutto racchiuso in una cornice comune tra le due esperienze che condivide controlli ed interfaccia di gioco.
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