La prima parte della recensione trova come spunto di riflessione il realismo restituito da Red Dead Redemption 2, la cura per i dettagli che ha permesso al team di sviluppo di trasmetterci un modo tutto nuovo, preciso e puntuale, di vivere un open world. Con il ritmo compassato e le azioni quotidiane, semplici o complesse, trascorreremo molto tempo con Arthur e compagni, ed è giusto allora conoscerli. In questa seconda parte dell’articolo analizziamo quindi le vicende che ci porteranno ad accamparci nei pressi di Valentine, e tutto ciò che ruota attorno al cuore dell’avventura.
Red Dead Redemption 2 – Recensione (Parte 2)
Il buono, il brutto e il cattivo
Red Dead Redemption 2 impiega poche linee di dialogo per dare un vero e proprio incipit alla storia, perché dopo le prime ore di gioco, ed in particolare una volta raggiunta Valentine, avrà tutto il tempo per farci scoprire i perché dietro la fuga del capitolo 1, dopo un maldestro colpo non riuscito a Blackwater. Con gli O’Driscoll alle calcagna, la gang di Dutch Van der Linde decide di ripartire a pochi chilometri da Valentine, abbandonando le montagne in favore di un clima più mite e pianure verdeggianti. Se siete amanti dei titoli Rockstar, è superfluo dirvi che ogni missione, da questo momento in poi, vi permetterà passo dopo passo di conoscere le sfumature caratteriali del protagonista, Arthur Morgan, e di tutti i comprimari. Ma rispetto alle vecchie produzioni del publisher, Red Dead Redemption 2 stupisce per il numero di personaggi coinvolti, tutti all’altezza di Arthur. È sbagliato quindi credere che il protagonista sia al centro di tutto, perché, al contrario, la gang Van der Linde e i vari personaggi conosciuti lungo l’arco dell’avventura godranno della stessa profondità e completezza del nostro fuorilegge, dandovi modo di stabilire le dovute simpatie e antipatie sulla base di elementi concreti. Il tutto sarà gestito in prima persona, con scelte moralmente coinvolgenti che ci vedranno spesso in bilico tra il poter guadagnare onore, e quindi il rispetto dei cittadini perbene, o disonore, con conseguente “timore” da trasmettere al prossimo, magari da affiancare a qualche piccolo vizio nelle città per restare nel personaggio.
Benchè Rockstar abbia spinto verso la strada del “politicamente corretto”, premiando il percorso del cowboy d’onore – affiancato a una serie di bonus, tra cui uno sconto presso i negozianti – il “come” viene calcolato il punteggio non è affatto banale. Contrariamente a quanto si possa credere, infatti, sono molte le azioni da considerare, alcune magari poco intuitive. Ad esempio, perderemo onore ammazzando animali senza scuoiarli e caricarli sul cavallo – perché avrete ucciso la bestia “per divertimento” anziché per sfamare voi o terzi – come anche lasciandola lì a morire agonizzante quando potreste porre fine alle sue sofferenze con un colpo caritatevole. O ancora, fucilare impostori non comporterà malus – e non faccio esempi per non svelare nulla. Comportarsi bene fuori dalle quest vuol dire anche evitare di farsi mettere una taglia sulla testa con conseguente gruzzoletto da versare nelle casse dello sceriffo: meglio non sparare ad alcun innocente, insomma…specie se ci sono testimoni in giro.
Un po’ di quel tempo libero lo passerete comunque con gli altri membri della gang. Dutch, lo zio, le donne e tutti gli altri sono parte di un insieme complesso che ad ogni capitolo ci lascia qualcosa dentro, e se fortunatamente la qualità della sceneggiatura è quella tipica di Rockstar, forse un gradino sotto GTA IV, in Red Dead Redemption 2 assistiamo a una regia impressionante, colma di primi piani, inquadrature ad effetto, colpi di scena, climax di alto livello e via discorrendo. Nessun dialogo risulta piatto, né in termini di regia, quindi, né tantomeno per i contenuti: recitazione e doppiaggio non tradiscono, procedono di pari passo ed anche i personaggi che non vedremo mai più, magari perché protagonisti di una quest secondaria, riescono a dare il giusto contributo alla sceneggiatura. Ciò passando da una soundtrack che enfatizza ogni momento con una base musicale ad hoc, e con tanti, tantissimi, effetti e motivetti sparsi qua e là, in grado di dare armonia al titolo anche fuori da una missione. Per non parlare del campionamento di armi e animali e degli effetti ambientali: non vi tradirà nulla.
Birra, caffè o duello mortale?
Red Dead Redemption 2 presenta una moltitudine di contenuti, suddivisi in varie categorie: missioni principali, secondarie, di raccolta, attività ludiche, attività funzionali a un qualcosa ma opzionali, e tanti segreti da scoprire. Ad esempio, gli eventi occasionali di GTA legati ad una particolare quest, in RDR 2 sono stati affiancati a momenti fini a sé stessi. Ciò significa che da una parte avremo a che fare con sconosciuti beccati nella mappa che ci daranno una missione, mentre altre volte prendendo una determinata strada potremo assistere ad un “vero” evento occasionale, un qualcosa che vedremo solo lì e che magari non ci chiederà di fare nulla, strappandoci una risata o consentendoci di recuperare un malloppo inaspettato. Nondimeno, i momenti casuali in cui potremo interagire ci sono, e sono tanti, consentendoci di prendere le difese di un cittadino, rincorrere tizi che ci hanno derubato o rispondere al guanto di sfida a duello lanciata da uno straniero urtato sulla soglia di un saloon. Non mancano tutte quelle attività che abbiamo già avuto modo di affrontare nel primo capitolo della serie, dalle taglie in collaborazione con lo sceriffo, alle sfide di caccia, motivate dal crafting di materiale più o meno opzionale, e un vasto ventaglio di challenge legate alle attività ludica – tanti tipi di giochi di carte, le 5 dita e bevute in compagnia prima o dopo qualche battuta di caccia. In Red Dead Redemption 2 entrano in gioco anche una serie di elementi inediti, tra commercianti, attività secondarie – vedi la pesca – e la possibilità di mettere in piedi un accampamento improvvisato fuori città per cucinare o preparare tonici e munizioni particolari.
Da qui ci agganciamo al sistema di combattimento, che è forse la componente meno ritoccata rispetto a GTA V, ma improntata nell’universo RDR con la riproposizione del Dead Eye per rallentare il tempo e colpire i nemici con una raffica di proiettili. La ruota delle armi è rimasta invariata, con l’introduzione della sezione dedicata agli oggetti per la cura e/o bonus temporanei per gestire gli attributi del cavallo e le 3 statistiche fondamentali di Arthur – i “nuclei” di salute, resistenza e Dead Eye. Come detto nella prima parte della recensione, a differenza degli sgangherati protagonisti di GTA, Arthur non potrà portare con sé tutte le armi in possesso, ed in particolare quelle grandi saranno limitate a 2 unità; tutte le altre resteranno sul cavallo, così da forzare l’utente a pianificare l’azione prima di gettarsi a capofitto nel cuore della missione. Gli scontri a fuoco seguono le orme tracciate con GTA V, con i rispettivi pregi e difetti. Da una parte abbiamo la possibilità di sfruttare i ripari, cambiare velocemente armi e prendere parte a scontri sempre avvincenti e interessanti; dall’altra, permane quel senso di inadeguatezza dell’intelligenza artificiale che muove i nemici, fin troppo statici e prestati all’headshot. Il bilanciamento delle armi, al netto di un titolo che non vuole affatto essere uno sparatutto, è molto riuscito, nonché di gran lunga superiore a quello di GTA V. in Red Dead Redemption 2 il feeling delle armi è concreto e non avremo l’impressione di padroneggiare una pistola ad acqua – al contrario di ciò che accade con Trevor e compagni, lanciarazzi in spalle. Passare da una Colt a un fucile a canna lunga si sente, così come ogni singolo colpo lasciato parte da un revolver. La cura riposta nelle armi non è solo di tipo funzionale, ma anche estetica: ce ne accorgiamo quando, con l’arma in mano, l’analizziamo da vicino per pulirla prima che la sporcizia finisca con l’intaccarne l’efficacia.
Corsetta all’aria aperta
Fin dalle battute iniziali, le missioni sono strutturate in modo da permettervi di viaggiare, ma senza esagerare. La scoperta della mappa è chiaramente libera, ma seguire le quest vi permetterà di togliere le zone d’ombra con la giusta gradualità e pazienza, da non sottovalutare perché non tutte le attività saranno disponibili dall’inizio, così come determinati oggetti o requisiti. Insomma, in Red Dead Redemption 2 non si corre, ma chi vuol correre con un contesto ambientale così coinvolgente? Essere immersi nel verde o nelle montagne più insidiose, nel mondo ricreato da Rockstar vuol dire perdersi tra i dettagli della vegetazione, stare attenti agli animali che scappano o che ci prendono di mira, scoprire un tipo nuovo di pianta e via discorrendo. La transizione morfologica del territorio è costante, ma graduale e ricca di sfumature. In maniera naturale passeremo da una pianura verdeggiante ai piedi di una montagna, in mezzo ad una valle tranquilla che avremo paura di infastidire per non rompere quella magica atmosfera. Il trekking con gli spuntoni non è, insomma, un’attività “censita”, ma spesso e volentieri non ve la negherete…e se non a piedi, montando un cavallo alla ricerca di un nuovo panorama da scoprire e fotografare con uno dei primi prototipi di camera che ha da offrire l’America del Novecento.
Perché in Red Dead Redemption 2 scordatevi distese inutili di deserto, pianure spoglie o montagne belle ma non percorribili. Ogni elemento rappresentato nell’ambiente non è lì per caso, ed ogni area ha la giusta densità di contenuti, siano essi interrativi piuttosto che di contorno ed abbellimento. Perché è la ricerca della perfezione ad aver guidato il team di sviluppo, e noi possiamo coglierne i frutti liberandoci dalle quest e girovagando senza meta, perché dopo pochi metri avremo a che fare con qualcosa di nuovo, vuoi un evento occasionale, vuoi un animale mai visto, vuoi uno scorcio da ammirare.
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Ambiente vivo e coinvolgente
Estremamente denso di contenuti
Fasi shooting semplici ma ben orchestrate