The Last Guardian approda su Playstation 4 dopo un processo di sviluppo e produzione molto travagliato, in tempo per concludere il 2016 Sony nel migliore dei modi prima di lasciare spazio alle nuove esclusive dell’anno venturo. Ma si sa, l’atmosfera delle grandi occasioni che si respira quando arriva il momento di mettere le mani su un titolo atteso per anni si può trasformare, talvolta, nel timore di una possibile delusione. In effetti, sono passati molti anni da quando ICO ha fatto innamorare grandi e piccini con una sceneggiatura ricca di poesia e tenerezza; in mezzo, due generazioni videoludiche e tante, tantissime opere che hanno cercato di replicare quelle piacevoli sensazioni.
Per questo ed altri motivi, l’opera di Fumito Ueda non si presenta ai videogiocatori con la stessa originalità che riuscì a garantire ICO nel lontano 2001/02, ma è proprio in queste circostanze che viene fuori il talento.
The Last Guardian – Recensione
Una storia di amicizia
L’inequivocabile fascino di The Last Guardian trova le sue motivazioni nel rapporto di fiducia incondizionata tra i due protagonisti della storia, ovvero un bambino e la strana creatura mitologica ideata da Ueda. Tutto comincia all’interno di una caverna e con pochissime informazioni sul contesto, permettendo al videogiocatore di immaginare scenari ed evoluzioni. Il ragazzino indossa una veste ecclesiastica ed ha il corpo ricoperto di strani tatuaggi magici. La grande creatura che riposa accanto a lui è Trico, una leggendaria bestia mangiauomini, ferita e sofferente, ma vigile.
Nonostante le ferite, la bestia manterrà uno stato di allerta molto alto nei confronti del piccolo, intimando il giovane protagonista di stare alla larga, attraverso grugniti e sguardi sinistri. Dal canto suo, il bambino – animato da movimenti assolutamente coinvolgenti – risulterà impacciato e intimorito, incespicando sul terriccio ad ogni piccolo affronto della bestia. Mosso dalla purezza che solo i bambini sono in grado di mostrare, il piccolo protagonista cercherà in tutti i modi di allievare le sofferenze della bestia, dapprima rimuovendo le lance conficcate sul fianco della creatura, poi offrendole strani barili per recuperare le forze, infine liberandola dalla grande catena che ne limitava i movimenti. Acquisita la fiducia della creatura, The Last Guardian comincia a mostrare il suo lato più dolce e delicato, composto interamente da un costante e reciproco prendersi cura dell’altro che ci accompagnerà per 12-15 ore.
Il principe e la volpe
Questo rapporto così dolce che vede i due protagonisti contare sul reciproco supporto per andare avanti e superare le difficoltà, ricorda da vicino il coinvolgimento emotivo che nasce nell’opera di Antoine de Saint-Exupéry tra il Piccolo Principe e la volpe, ma può essere ricondotto a qualsiasi storia d’amicizia tra un umano e il proprio compagno a quattro zampe. La storia, volutamente raccontata centellinando i dettagli attraverso una voce narrante, permette al giocatore di non apprendere informazioni irrilevanti. The Last Guardian ha anche diversi punti di contatto con altre produzioni recenti, tra cui il magico Never Alone, con cui condivide il modo di raccontare la storia e il rapporto tra un giovane attore e un compagno animale.
Team Ico, così, consente agli utenti di focalizzare l’attenzione sul rapporto in costante ascesa tra Trico e il bambino, assoluti protagonisti di una storia che va ben oltre la qualità del comparto tecnico e le considerazioni di gameplay. Difficile, per cominciare, dare una descrizione completa ed esaustiva di Trico. La creatura mitologica di Ueda è, a grandi linee, una fusione tra un gatto e un grifone, ma presenta, anatomicamente e caratterialmente, peculiarità che appartengono ad altri animali: la coda sottile a pelo corto, le due piccole corna, il muso, le zampe, la curiosità, gli slanci e così via.
Potremmo lamentarci della qualità delle texture, non proprio vicine agli standard attuali soprattutto negli ambienti chiusi, ma un discorso del genere non renderebbe il giusto merito alla produzione. L’aspetto tecnico realmente interessante sta nella realizzazione delle animazioni dei due protagonisti, e lì c’è tutto ciò di cui abbiamo bisogno per innamorarci follemente dell’opera di Team Ico. L’attenzione riposta dagli sviluppatori nella realizzazione di animazioni credibili è palpabile, ed il risultato ha pienamente soddisfatto le attese di chi, come me, fa caso ai dettagli più piccoli ed impercettibili. Dal bambino, che corre frettolosamente e inciampa a più non posso, a Trico, che mangia in un sol boccone i barili magici con slancio e fermezza; i tentativi di salire in groppa alla bestia dalla coda o dal collo, sgomitando tra peli, piume e il continuo movimento del grande amico. Laddove non arrivano le parole, dunque, ci pensano i gesti, gli sguardi lanciati nei momenti di pericolo, le reciproche attenzioni e il continuo preoccuparsi dei bisogni dell’altro, come ci si aspetta da una bella storia di amicizia.
Anche se The Last Guardian paga lo sviluppo travagliato in termini di gestione delle ombre e dell’illuminazione, rinunciando anche ad effetti particellari e facendo uso di pochissime cinematiche, non mancheranno mai scenari suggestivi in cui perdersi tra piccoli dettagli e location mozzafiato fin dalle prime battute di gioco. In tal senso, la natura onirica dell’opera di Ueda colpisce il videogiocatore realizzando ciò che non si aspetta, tingendo di colori vivaci una caverna che poco prima mostrava il lato più cupo e sinistro, portando in primo piano una magica cascata e interminabili folate di vento che liberano nell’aria petali e farfalle, il tutto ben amalgamato con un sapiente uso dell’effetto sfocatura.
Insieme
The Last Guardian non ha una vera e propria storia da raccontare, non presenta contenuti chiari e motivazioni per continuare a rafforzare quel rapporto tra il bambino e la bestia. Tuttavia, la morale dell’opera ci permetterà di arrivare compiaciuti ai titoli di coda, nonostante la semplicità del sistema di gioco. Il titolo pone le sue fondamenta sugli enigmi ambientali, puzzle più o meno semplici per nutrire e rassicurare Trico, ma anche per sopravvivere agli attacchi sporadici di alcuni nemici. L’avventura presenta una curva di apprendimento molto dolce, e man mano la giocabilità espande il suo raggio d’azione e consente all’utente di godere di nuove funzioni e possibilità. Infatti, se in un primo momento non dovremo fare altro che cercare una via d’uscita verso la nuova area, magari sfruttando la verticalità della mappa, successivamente Team Ico ci permetterà di impartire ordini più precisi, esercitando sulla bestia un grado di controllo maggiore. In queste fasi sarà necessario prendersi cura del grande amico a quattro zampe, placando i suoi timori e il suo appetito.
Mantenendo un buon grado di complicità, Trico sarà più propenso a prendere l’iniziativa e guidare il videogiocatore verso il punto di uscita, indicando con lo sguardo gli elementi essenziali per procedere con l’avventura; in queste circostanze, le speranze del bambino e del videogiocatore si fondono, ed entrambi cercheranno il supporto della bestia per uscire dalle situazioni più complicate. Nonostante questo tangibile miglioramento all’IA del nostro compagno, non mancheranno i momenti in cui dovremo lottare contro la telecamera e i movimenti un po’ troppo casuali di Trico. Tutto, comunque, resta confinato nell’area dei difetti accettabili.
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Ottimo comparto animazioni
IA migliorabile